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L’argomento scelto per questa relazione non è casuale. La mia famiglia ha le sue radici in questi avvenimenti. Mi sono quindi permesso di inserire alcune testimonianze che ci appartengono.
Vorrei esporre prima di tutto gli avvenimenti che portarono alla battaglia decisiva.
Era il 22 giugno 1941: Hitler dava il via all’operazione “Barbarossa”, l’invasione dell’Unione Sovietica. Per fare fronte all’allarmante avanzata tedesca, il 5 dicembre l’Armata Rossa organizzava davanti a Mosca una grande controffensiva. Soltanto nell’estate del 1942, la prima importante svolta nella guerra sul fronte orientale: nell’ambito dell’offensiva denominata Fall Blau, la Sesta Armata tedesca ricevette l’ordine di avanzare su Stalingrado (agosto 1942). Era l’inizio di una battaglia intensa e feroce, uno scontro interminabile e dalle sorti alterne: al centro della contesa era una delle roccaforti dell’Unione Sovietica, un obiettivo di massima importanza per il progetto tedesco. Da entrambe le parti si registravano perdite ingenti: ma solo dopo molti mesi, il 31 gennaio 1943, la Sesta Armata fu costretta alla resa.
Alla fine dell’inverno del ‘43 il generale Von Manstein, con il benestare di Hitler, prese le redini della controffensiva tedesca. Il 18 marzo i tedeschi riconquistarono Belgorod, ma la proposta di Von Manstein di proseguire verso nord fu rifiutata: il disgelo e la resistenza nemica impedivano l’ulteriore avanzata tedesca verso la cittadina di Kursk. Era ormai chiaro da ambo le parti che a Kursk si sarebbe combattuta la battaglia decisiva: il 12 aprile Stalin approvò il progetto di una guerra difensiva; il 15 aprile Hitler autorizzò l’operazione “Cittadella”. Sarebbe stata l’ultima offensiva tedesca sul fronte orientale.
Le sorti della guerra sul fronte orientale si decisero in otto giorni: 5-12 luglio 1943.
Dopo i primi scontri, i quali dimostrano l’efficacia della resistenza sovietica, il 7 luglio la Nona Armata tedesca tenta la strada per Kursk attraverso i villaggi di Olkhovatka e di Ponyri: si registrano importantissime perdite in termini di uomini e mezzi su ambo i fronti. Il 9 luglio alcuni corpi corazzati appartenenti alla 4a Armata Panzer riescono a sfondare le difese nemiche, e puntano su Prokhorovka. Un massiccio contingente sovietico appartenente alle riserve del Fronte della Steppa converge su Prokhorovka.
Intanto la Nona Armata tedesca, sottoposta alla violenta offensiva di Zhukov (fautore del progetto strategico sovietico) è costretta ad arrestarsi.
Il 12 luglio 1943 aveva luogo nei pressi della cittadina di Prokhorovka una battaglia dalle dimensioni epiche: il corpo corazzato delle SS si scontrava con la 5a Armata Guardie e la 5a Armata corazzata della Guardia a Prokhorovka. Restarono sul campo 700 carri armati tedeschi e sovietici. Il giorno seguente Hitler dichiarava che l’operazione “Cittadella” era cancellata.
“(...) in seguito alla battaglia, la forza armata sovietica fu ridotta alla metà.” Ma la sconfitta tedesca fu determinante per il futuro del conflitto: “Dato che la guerra sul fronte orientale fu il teatro decisivo delle operazioni dell’intera guerra in Europa, ne consegue che a Kursk i tedeschi subirono la sconfitta che costò loro la guerra.” Così afferma Mark Healy nel suo Kursk 1943, la svolta sul fronte orientale[1].
Viera era una ragazza di 16 anni. Con la sua famiglia viveva a Belitza, vicino a Kursk. Si avvicinava il giorno del suo diciassettesimo compleanno, quando tutta la regione di Kursk subì la violenta offensiva delle Panzerdivisionen comandate dal generale Guderian.
Viera racconterà il rumore dei motori dei carri, assordante, in contrasto con il silenzio delle praterie russe: “come un terremoto che non finisce mai”. Racconterà i rastrellamenti, casa per casa: perché i tedeschi trasferivano nelle retrovie tutti i civili catturati che fossero in grado di lavorare nell’industria bellica in Germania.
Dellbrück, vicino a Colonia, un campo di lavoro, una fabbrica tessile per le divise militari: qui lei incontrava Lorenzo, un militare italiano deportato dal Montenegro dopo l’8 settembre.
Con l’irrigidirsi delle frontiere, nell’imminenza della guerra fredda, Viera non tornerà più a casa: vivrà in Italia, con il militare italiano.
Questi erano i miei nonni.
Pinerolo, maggio 2006 Alessandro Scalerandi
[1] Madrid (Spagna), Edizioni del Prado, dicembre 1998 (edizione originale: Londra, Osprey Publishing, 1993), p. 90: “Le conseguenze”.